Art. 4.
(Compiti dei gestori del servizio idropotabile pubblico in materia di rischio idrico).

      1. Dopo l'articolo 162 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è inserito il seguente:

      «Art. 162-bis. - (Compiti dei gestori del servizio idropotabile pubblico in materia di rischio idrico). - 1. Al fine di ridurre i rischi derivanti dalla carenza di risorse idriche, dall'inquinamento delle fonti di approvvigionamento idropotabili d'interesse pubblico, dagli atti di aggressione e di sabotaggio a danno delle reti e dei corpi idrici naturali, spetta ai gestori:

          a) realizzare in via prioritaria gli interventi e le misure previsti nell'articolo 161-ter, comma 1, lettera f), relativi alla messa in sicurezza di emergenza del sistema delle acque potabili;

          b) predisporre e adottare, a breve termine, misure per la gestione preventiva dei fattori di rischio idrico qualitativo e quantitativo che interessano le fonti e le derivazioni; identificare le sorgenti reali o potenziali di contaminazione presenti nel bacino idrogeologico di ricarica e di stoccaggio idrico e sul pennacchio di alimentazione delle fonti idropotabili entro una distanza di almeno cinque chilometri a monte piezometrica dal punto di prelievo idrico, nel caso di acque sotterranee, e di almeno quindici chilometri a monte idrografica, nel caso di acque superficiali, dalla fonte o dal punto di derivazione di acqua potabile;

 

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          c) pianificare, e realizzare a medio termine, tutte le possibili azioni tendenti a evitare l'insorgere di emergenze e di crisi idropotabili dovute a contaminazione o a carenza d'acqua, anche allo scopo di fornire gli strumenti idonei a interventi in regime di emergenza, ove necessari. A tale fine devono essere acquisiti i dati e gli elementi inerenti l'uso del suolo e le fonti idriche naturali soggette a rischio reale o potenziale, nonché i dati idrogeologici, idrologici e ambientali minimi per la caratterizzazione delle aree di ricarica idrica e dei corpi idrici utilizzati per uso potabile;

          d) predisporre un piano operativo di pronto intervento per la gestione delle crisi idropotabili dovute a carenza d'acqua, inquinamento o contaminazione da attuare in caso di emergenza, individuando i singoli punti o impianti a rischio idrico qualitativo o quantitativo. Il piano deve prevedere: la definizione degli scenari di crisi più probabili per l'acquifero considerato, la previsione sull'effettiva pericolosità e sull'evoluzione temporale degli eventi, le conseguenze prevedibili per l'uomo e per l'ambiente definite tramite i metodi di analisi del rischio scientificamente riconosciuti, il numero di persone coinvolte e gli effetti prevedibili sulla salute indicando le possibili contromisure da adottare, l'accertamento delle cause della crisi, le aree maggiormente a rischio e gli interventi di tutela, di monitoraggio e di risanamento programmati, l'elenco preventivo delle azioni e delle decisioni principali da attuare per la mitigazione, la gestione e la soluzione della crisi, l'elenco degli interventi di adeguamento necessari per la difesa del sistema delle acque potabili con i tempi previsti per la loro realizzazione e i loro costi, da definire su apposito cronoprogramma a scadenze definite, le misure di protezione per gli uomini impegnati nell'emergenza, l'elenco degli enti o dei soggetti di soccorso da contattare, lo schema operativo d'azione, l'individuazione delle fonti d'acqua alternative da utilizzare nell'immediato in via temporanea;

          e) prevedere, secondo rigorosi criteri di segretezza, misure specifiche finalizzate

 

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alla gestione delle crisi e degli atti di aggressione e di sabotaggio idrico, individuando al proprio interno i servizi responsabili per la gestione dell'emergenza e per la tutela della popolazione;

          f) costituire una cellula di crisi strutturata al fine di agire come unità di pronto intervento in caso di emergenza, affidata a una figura professionalmente competente, anche esterna, denominata "responsabile di crisi", che rappresenta l'interlocutore diretto della Commissione. La cellula di crisi prevede i tempi e le decisioni da adottare nell'emergenza, nonché le modalità di acquisizione e di gestione delle informazioni, ivi compresi i rapporti con i mezzi d'informazione e con la popolazione, e adotta i provvedimenti di tutela sanitaria di competenza;

          g) provvedere al conseguimento della certificazione di qualità delle procedure e degli interventi, rilasciata da organismi certificatori competenti. Le certificazioni devono essere rinnovate ogni cinque anni».